“This Hostel Life” è un libro di Melatu Uche Okorie che rivela il legame tra razzismo strutturale e sistema dell’immigrazione in Irlanda. La sua opera aiuta positivamente a cambiare la percezione e il dibattito sull’immigrazione e la discriminazione razziale nel paese.
di Juliana da Penha/traduzine Marta Visentin
Quando Melatu iniziò a scrivere, era una richiedente asilo e viveva in direct provision, un sistema di alloggio per richiedenti asilo utilizzato in Irlanda. Ora sta finendo un dottorato di ricerca in Scrittura Creativa per bambini piccoli al Trinity College di Dublino. È anche un membro dell’Arts Council d’Irlanda.
“This Hostel Life” è il primo libro di Melatu [non ancora tradotto in italiano]. Contiene tre racconti: “This hostel life” [“Questa vita da ostello”] riguardo alle esperienze di persone che vivono in direct provision in Irlanda. “Under the Awning” [“Sotto la Tenda da Sole”] e “The Egg Broke” [“L’uovo si è rotto”], una storia che riguarda un’antica superstizione nigeriana sui gemelli.
Il libro è stato pubblicato nel 2018 da Skein Press, una nuova casa editrice in Irlanda che offre a scrittori di minoranza etnica una piattaforma per pubblicare i loro libri. Lanciato al Festival di Letteratura Internazione di Dublino, il libro è stato nominato al Sunday Independent Newcomer of the Year Award per il premio letterario Irish Book Awards. Nel 2019 l’Irish National Opera ha adattato il libro per l’opera.

Trasformare una situazione difficile in un’opportunità
Originariamente dalla Nigeria, Melatu è arrivata in Irlanda nel 2006. Rivela di aver scritto questo storie mentre viveva e osservava le difficoltà della vita quotidiana a causa del sistema di asilo irlandese. Allora non immaginava di arrivare così lontano con ciò che aveva scritto. Nel 2009 ha vinto il premio Metro Éireann Writing Award per la sua storia “Gathering Thoughts” [“Raccogliendo i Pensieri”]. “Inizio a scrivere. Ho sempre letto; la letteratura mi è sempre piaciuta. Credo, ad un certo punto della mia vita, di essere passata alla scrittura. Non ho idea di come sia cominciata, ma immagino sia quando ci si trova in un posto dove hai tempo e niente per impiegarlo, cerchi qualcosa da fare. Dove non c’è molto che ti tenga occupato, la creatività mette radici. Immagino sia stato così per me”, spiega Melatu.
“Dove non c’è molto che ti tenga occupato, la creatività mette radici. Immagino sia stato così per me”
Dopo 14 anni di vita nel paese, non sente l’obbligo di spiegare perché è venuta in Irlanda. Una domanda che i migranti si sentono ripetere più e più volte durante la loro vita in un nuovo paese. “Il mio viaggio è una mia prerogativa. Non devo far capire a qualcun altro perché ho dovuto lasciare il mio paese e perché sono dove sono. È una mia prerogativa; è la mia storia. Come essere umano ho la libertà di muovermi; è un diritto umano. Non devo spiegare niente. Viviamo in un mondo in cui dobbiamo quasi vendere la nostra storia, sempre, perché la gente solidarizzi con noi o ci capisca. Perché devo spiegare? Questo è un mondo libero e siamo tutti liberi di muoverci, qualsiasi sia la ragione per cui lo facciamo”, ha detto Melatu.
Melatu ha usato la narrativa per raccontare storie reali su chi vive “in condizioni quasi tiranniche” come ha descritto alcuni degli aspetti della direct provision in Irlanda. Mostra le battaglie dei richiedenti asili in Irlanda. E come il razzismo strutturale e il sistema dell’immigrazione contribuiscano a creare opposizione. “Non solo in direct provision, ma quello che devi subire in quanto nero, è orribile quanto tu sia in una posizione diversa. E all’improvviso ti rendi conto di quanto loro [gli irlandesi] pensino male di te e tutti i tuoi sospetti vengono confermati.
Se qualcuno racconta una storia su di me e una storia su qualche irlandese, se la storia su di me è negativa, verrà creduta all’istante. Se è una storia positiva, vorranno le prove – “non può essere così sveglia, non può essere così intelligente”, e così via.
Se è una storia negativa, nessuno cerca di opporsi a quella storia negativa. Se è una storia positiva, c’è così tanto impegno per opporsi a quella positività, e vi chiederete, perché? Penso che sia straziante a volte rendersene conto. Credo sia la mentalità”, spiega Melatu.
“Non solo in direct provision, ma quello che devi subire in quanto nero, è orribile quanto tu sia in una posizione diversa.”
Il Direct Provision è un sistema creato dal governo irlandese nel 1999 come misura di emergenza per ospitare richiedenti asilo finché la loro domanda non veniva valutata dalle autorità. Molti di questi alloggi erano hotel, B&B ma ci sono anche caravan. Il sistema doveva inizialmente durare sei mesi. Eppure Melatu, ad esempio, ha vissuto in Direct Provision per otto anni. Con questo sistema, i richiedenti asilo hanno un posto dove dormire, cibo e un piccolo assegno settimanale. E dal 2019 ad alcune persone è permesso di lavorare. In ogni caso le condizioni di queste sistemazioni erano sotto esame da parte di organizzazioni per i Diritti Umani. L’impatto sull’incertezza delle loro vite, di non poter decidere e mantenere sé stessi e i propri figli crea un effetto contrario significativo sulla salute mentale dei richiedenti asilo. L’isolamento di queste comunità crea tensioni sociali e razziali in Irlanda.

Solidarietà delle donne migranti
Melatu parla anche di questioni specifiche che affrontano le donne. Per esempio, le difficoltà di dover crescere i figli da sole. Dice anche che si sono vari abusi che le donne subiscono, soprattutto donne migranti e richiedenti asilo. Molte di loro sono sole in un nuovo paese, senza il supporto della famiglia. Era membro di AKIDWA – una rete nazionale di donne migranti che vivono in Irlanda. Crede che la solidarietà sia qualcosa di essenziale e che dovrebbe esserci tra donne, in particolare tra donne migranti.
“C’è una tendenza per le donne di essere facili prede e questo è qualcosa a cui dobbiamo fare attenzione. Come donne migranti, tendiamo ad aver paura di dire cosa ci succede. Dobbiamo mandar via quella paura. Dobbiamo parlare tra di noi: “Cara mia, vieni qui! Cos’hai?” Dobbiamo poter usare la nostra voce. Penso che come donne migranti sia molto importante che ci uniamo in maniera significativa per supportarci a vicenda. Dobbiamo prenderci cura l’una dell’altra. Dobbiamo aiutarci a vicenda”, suggerisce Melatu.
Dopo aver alzato la voce per i richiedenti asilo con il suo libro, Melatu ha contribuito a un dibattito costruttivo sull’immigrazione in Irlanda. E crede che ci siano dei cambiamenti. “Le persone parlano di immigrazione. L’anno scorso, in Febbraio, ci sono state le elezioni qui in Irlanda. Penso che per la prima volta, per me che vivo in Irlanda da 14 anni, durante queste elezioni non si è data la colpa agli immigrati. La maggior parte dei politici discuteva su questioni che riguardano tutti. Quindi, per la prima volta, mi sentivo a mio agio ascoltando i dibattiti, sapendo che quelle persone stavano discutendo per me, per mio figlio, per le persone come me.
È qualcosa che è successo l’anno scorso e che ha contribuito alla discussione sull’immigrazione. Sono stata felice di ciò. Ricordo di essere arrivata ad ogni elezione in passato, sempre con questo senso di trepidazione. E questo perché c’erano ancora tutte quelle notizie negative riguardo agli immigrati. C’era sempre un politico che usava l’immigrazione per i voti. Per la prima volta, mi sono sentita come ogni altra persona che ascolta e prende decisioni. Per me, questa è una gran cosa. Penso questo sia quello a cui dobbiamo puntare.”
Penso che come donne migranti sia molto importante che ci uniamo in maniera significativa per supportarci a vicenda.
Melatu dice di essere stata ispirata da diverse scrittrici donne, come Chimamanda Ngozi Adichie. È felice che nella letteratura migrante, un campo prima dominato dagli uomini, ora possiamo vedere molte donne in uscita con i loro libri. Infine esprime gratitudine scrivendo “Ho cominciato a scrivere quando ero in direct provision. È qualcosa che spero di continuare a fare. È un modo per dare una rotta alle cose e anche per dare un senso alle cose. Scrivere ti tocca in molti modi. Quando scrivi, impari qualcosa ogni giorno, ti induce a documentarti su qualcosa, a trovare qualcosa, ti induce a leggere di più, ci sono sempre cose positive derivanti dallo scrivere.”

Il libro è disponibile nelle librerie e su www.skeinpress.com